Salubrità e Sicurezza: quale pasta acquistare
Meno micotossine e poco glifosato. Le aziende, sotto la pressione dei consumatori, hanno smesso di importare grano canadese fortemente sospettato. Ma è bene non abbassare la guardia, come testimonia il test de "Il Salvagente".
Prima di offrire informazioni attraverso la nostra newsletter, ci premuriamo di verificarle e ci fidiamo solamente di chi correda le ricerche con analisi di laboratorio.
Come sempre offriamo informazioni che mettano in evidenza un rischio, ma prospettino anche una via d'uscita pratica.
In questo caso specifico, "Il Salvagente", leader nei test di laboratorio contro le truffe ai consumatori, ci ha offerto un pratico strumento per premiare chi lavora bene, punire chi non lo fa, ma sopratutto per tutelare la nostra salute e quella dei nostri cari.
Per chi desiderasse l'articolo completo, può scriverci ad info@kboion.it, ve lo invieremo immediatamente.
Mi raccomando, leggete e scegliete!
IL TEAM KBION
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In questo caso specifico, "Il Salvagente", leader nei test di laboratorio contro le truffe ai consumatori, ci ha offerto un pratico strumento per premiare chi lavora bene, punire chi non lo fa, ma sopratutto per tutelare la nostra salute e quella dei nostri cari.
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Meno micotossine e poco glifosato.
Il motivo? Le aziende, sotto la pressione dei consumatori, hanno smesso di importare grano canadese fortemente sospettato. Ma è bene non abbassare la guardia, come testimonia il test de "Il Salvagente".
I consumatori hanno vinto una prima, significativa, battaglia del grano. Se la guerra per avere una materia prima davvero “pulita” è ancora lunga, le nuove analisi del Salvagente su 23 campioni di pasta testimoniano però un cambio di passo: i pastai italiani non hanno retto la pressione dei consumatori e hanno cambiato rotta alle navi che importano il grano duro coltivato in altri paesi.
Sotto la spinta di un’opinione pubblica che da anni, anche grazie ai test del Salvagente, chiedeva una materia prima senza glifosato e Don, la cosiddetta vomitossina, il mercato si è dovuto adeguare.
La bassa contaminazione da glifosato e l’assenza di alcune micotossine rispetto alle indagini analitiche svolte dal nostro giornale in anni recenti, raccontano di un frumento diverso, “coltivato in aree meno umide e per questo più solarizzato”, ci spiega il professor Alberto Ritieni, grande esperto dei micotossine, in queste pagine. La presenza contenuta di glifosato, poi, ci segnala l’impiego di un grano meno trattato di quello del Nord America che è “essiccato” chimicamente con il noto erbicida della Monsanto, ritenuto “probabile cancerogeno” dalla Iarc.
In altre parole, i nuovi risultati delle nostre analisi che presentiamo in questo lungo servizio confermano che la materia prima è oggi diversa da quel grano, canadese e statunitense, spesso troppo contaminato dal Don e con residui di glifosato davvero preoccupanti.
“L’industria italiana ha dovuto cambiare le rotte dell’approvvigionamento perché i consumatori hanno chiesto di cambiare la pasta”, ci spiega Rolando Manfredini, responsabile Sicurezza alimentare della Coldiretti. E la conferma arriva direttamente dai dati Istat sulle importazioni cerealicole: in meno di due anni, dal 2016 ad oggi, il grano canadese si è letteralmente azzerato passando da oltre un miliardo di chili ad appena 43 milioni nel primo semestre 2018. Nello stesso periodo il “duro” statunitense è sceso di quasi il 60% mentre parallelamente il grano francese ha per due anni di seguito raddoppiato i quantitativi, passando da quinto a primo fornitore di frumento dell’Italia.
La provenienza, come abbiamo più volte rimarcato, da sola non garantisce qualità. Tuttavia aver ridotto l’uso di grano nord americano mette al riparo da alcuni rischi, come quello del glifosato che in questi paesi è autorizzato anche in fase di pre-raccolta per favorire la maturazione dei chicchi: si usa la chimica perché la natura - il sole - è meno clemente.
Ognuno tragga le sue considerazioni. I nostri dati invitano a un cauto ottimismo. Trovare campioni con anche 4 o 5 residui di pesticidi, con il rischio dell’effetto combinato sulla nostra salute, così come l’insorgenza di micotossine diverse da quelle a cui eravamo abituati, ci suggeriscono che è ancora presto per cantar vittoria. E ci invitano a non abbassare la guardia.
COSA HANNO CERCATO E COSA HANNO TROVATO
Hanno portato 23 campioni di penne in ben tre diversi laboratori per cercare e quantificare pesticidi e micotossine e per valutare il tenore delle proteine e la tenuta di cottura.
Origine del grano: è obbligatorio indicare in etichetta il paese/i paesi di coltivazione del grano e quello di molitura. Per i prodotti bio, l’origine della materia prima era già obbligatoria.
Possiamo dire che mentre per tutti i pacchi analizzati il paese di molitura è sempre l’Italia, quello di coltivazione varia molto: solo in 7 campioni i chicchi sono cresciuti interamente nel nostro paese, mentre in altri 7 il grano italiano è miscelato ad altri provenienti dall’Europa e non solo. In nessun caso viene indicato il Canada, anche se non sappiamo se grano canadese possa essere stato miscelato nei prodotti che indicano un generico - ma consentito dalla norma - “Paesi non Ue”. In un caso poi, quello della Del Verde, l’origine non è indicata ma non si tratta di una violazione della legge perché il termine minimo di conservazione supera l’entrata in vigore della legge e quindi il pacco è stato immesso in commercio prima che diventasse obbligatorio specificare l’origine. In questo caso la legge autorizza le vecchie confezioni fino all’esaurimento scorte.
Il motivo? Le aziende, sotto la pressione dei consumatori, hanno smesso di importare grano canadese fortemente sospettato. Ma è bene non abbassare la guardia, come testimonia il test de "Il Salvagente".
I consumatori hanno vinto una prima, significativa, battaglia del grano. Se la guerra per avere una materia prima davvero “pulita” è ancora lunga, le nuove analisi del Salvagente su 23 campioni di pasta testimoniano però un cambio di passo: i pastai italiani non hanno retto la pressione dei consumatori e hanno cambiato rotta alle navi che importano il grano duro coltivato in altri paesi.
Sotto la spinta di un’opinione pubblica che da anni, anche grazie ai test del Salvagente, chiedeva una materia prima senza glifosato e Don, la cosiddetta vomitossina, il mercato si è dovuto adeguare.
La bassa contaminazione da glifosato e l’assenza di alcune micotossine rispetto alle indagini analitiche svolte dal nostro giornale in anni recenti, raccontano di un frumento diverso, “coltivato in aree meno umide e per questo più solarizzato”, ci spiega il professor Alberto Ritieni, grande esperto dei micotossine, in queste pagine. La presenza contenuta di glifosato, poi, ci segnala l’impiego di un grano meno trattato di quello del Nord America che è “essiccato” chimicamente con il noto erbicida della Monsanto, ritenuto “probabile cancerogeno” dalla Iarc.
In altre parole, i nuovi risultati delle nostre analisi che presentiamo in questo lungo servizio confermano che la materia prima è oggi diversa da quel grano, canadese e statunitense, spesso troppo contaminato dal Don e con residui di glifosato davvero preoccupanti.
“L’industria italiana ha dovuto cambiare le rotte dell’approvvigionamento perché i consumatori hanno chiesto di cambiare la pasta”, ci spiega Rolando Manfredini, responsabile Sicurezza alimentare della Coldiretti. E la conferma arriva direttamente dai dati Istat sulle importazioni cerealicole: in meno di due anni, dal 2016 ad oggi, il grano canadese si è letteralmente azzerato passando da oltre un miliardo di chili ad appena 43 milioni nel primo semestre 2018. Nello stesso periodo il “duro” statunitense è sceso di quasi il 60% mentre parallelamente il grano francese ha per due anni di seguito raddoppiato i quantitativi, passando da quinto a primo fornitore di frumento dell’Italia.
La provenienza, come abbiamo più volte rimarcato, da sola non garantisce qualità. Tuttavia aver ridotto l’uso di grano nord americano mette al riparo da alcuni rischi, come quello del glifosato che in questi paesi è autorizzato anche in fase di pre-raccolta per favorire la maturazione dei chicchi: si usa la chimica perché la natura - il sole - è meno clemente.
Ognuno tragga le sue considerazioni. I nostri dati invitano a un cauto ottimismo. Trovare campioni con anche 4 o 5 residui di pesticidi, con il rischio dell’effetto combinato sulla nostra salute, così come l’insorgenza di micotossine diverse da quelle a cui eravamo abituati, ci suggeriscono che è ancora presto per cantar vittoria. E ci invitano a non abbassare la guardia.
COSA HANNO CERCATO E COSA HANNO TROVATO
Hanno portato 23 campioni di penne in ben tre diversi laboratori per cercare e quantificare pesticidi e micotossine e per valutare il tenore delle proteine e la tenuta di cottura.
Origine del grano: è obbligatorio indicare in etichetta il paese/i paesi di coltivazione del grano e quello di molitura. Per i prodotti bio, l’origine della materia prima era già obbligatoria.
Possiamo dire che mentre per tutti i pacchi analizzati il paese di molitura è sempre l’Italia, quello di coltivazione varia molto: solo in 7 campioni i chicchi sono cresciuti interamente nel nostro paese, mentre in altri 7 il grano italiano è miscelato ad altri provenienti dall’Europa e non solo. In nessun caso viene indicato il Canada, anche se non sappiamo se grano canadese possa essere stato miscelato nei prodotti che indicano un generico - ma consentito dalla norma - “Paesi non Ue”. In un caso poi, quello della Del Verde, l’origine non è indicata ma non si tratta di una violazione della legge perché il termine minimo di conservazione supera l’entrata in vigore della legge e quindi il pacco è stato immesso in commercio prima che diventasse obbligatorio specificare l’origine. In questo caso la legge autorizza le vecchie confezioni fino all’esaurimento scorte.
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